
Candy Candy: il melodramma che conquistò l'Italia
Se Dostoevskij avesse deciso di scrivere per bambini in un giorno particolarmente nero, probabilmente avrebbe partorito qualcosa di simile a Candy Candy. Questo capolavoro del masochismo infantile, trasmesso per la prima volta nel 1976, rappresenta un fenomeno culturale che ha segnato indelebilmente l'immaginario di intere generazioni, lasciando cicatrici emotive che nemmeno anni di terapia riescono completamente a sanare.
L'anime, tratto dal manga di Kyoko Mizuki e Yumiko Igarashi, segue le peripezie di Candice White Ardlay, una ragazzina bionda con lentiggini strategicamente posizionate e un'inspiegabile propensione ad attirare disgrazie come un parafulmine attira i fulmini. La storia inizia con l'abbandono neonatale sulle scale dell'orfanotrofio Pony - primo segnale che le scale avrebbero giocato un ruolo funesto nella serie - gestito da due donne dal cuore d'oro ma evidentemente prive di qualsiasi nozione moderna di protezione dell'infanzia.
Il catalogo delle tragedie si apre ufficialmente quando Candy viene adottata dalla famiglia Leagan, non per amore ma come giocattolo vivente per la perfida Eliza. Qui la protagonista subisce umiliazioni degne di Cenerentola, ma senza la prospettiva di un ballo reale a risollevare le sorti. Il momento di apparente felicità arriva con l'incontro del misterioso "principe della collina", figura eterea destinata a tormentare i sogni romantici della protagonista per l'intera serie.
La sinfonia delle disgrazie: un crescendo rossiniano di dolore
Il primo movimento di questa sinfonia del dolore inizia con Anthony Brown, giovane aristocratico che commette l'errore fatale di innamorarsi della protagonista. La sua morte per caduta da cavallo durante una battuta di caccia inaugura quello che diventerà il leitmotiv della serie: amare Candy equivale a firmare la propria condanna. La scena della sua dipartita, con rose che volano drammaticamente nel vento mentre Candy urla il suo nome, ha codificato l'estetica della tragedia romantica per generazioni di anime successivi.
Ma gli sceneggiatori stavano solo scaldando i motori. L'introduzione di Alistair Cornwell e Archibald Cornwell porta una ventata di leggerezza che, ovviamente, non può durare. Alistair, giovane inventore con la passione per le macchine volanti, trova la morte in uno degli episodi più strazianti della serie. Durante la Prima Guerra Mondiale, il suo aereo viene abbattuto in combattimento. La scena della sua morte è un capolavoro di sadismo narrativo: Candy riceve la notizia mentre sta curando i feriti in ospedale, e la realizzazione che non rivedrà mai più il suo amico che sognava di volare la colpisce con una forza devastante. L'episodio si chiude con Candy che osserva il cielo, immaginando Alistair che finalmente vola libero tra le nuvole, in una metafora sulla morte che avrebbe fatto invidia a Terrence Malick.
L'escalation drammatica raggiunge vette himalayane con Terence Granchester. Terry non si accontenta di una morte rapida e poetica: il suo è un calvario prolungato che include l'alcolismo, il tentato suicidio e la distruzione sistematica di ogni possibilità di felicità. Dopo essere stato costretto a separarsi da Candy per salvare la carriera di Susanna Marlowe - che aveva perso una gamba salvandolo da un riflettore cadente a teatro - Terry sprofonda in una spirale di autodistruzione. Le scene che lo ritraggono ubriaco, con la barba incolta, mentre recita Shakespeare ai tavoli delle bettole, rappresentano il punto più basso toccato da un interesse amoroso in un anime per bambini.
Il tentato suicidio di Terry, fermato all'ultimo momento da Candy, segna uno dei momenti più controversi della serie. La protagonista lo trova sul punto di gettarsi da un edificio, e solo il suo intervento lo salva da una fine che avrebbe traumatizzato definitivamente il pubblico infantile. La scena successiva, con Terry che piange tra le braccia di Candy ammettendo di non riuscire a vivere senza di lei ma sapendo di non poter stare con lei, ridefinisce il concetto stesso di tormento romantico.
Albert e l'amnesia: quando perdere la memoria è il male minore
Il mistero di Albert rappresenta uno dei pochi colpi di scena non immediatamente tragici della serie. Introdotto come un vagabondo amnesico che Candy cura e ospita, Albert si rivelerà essere non solo il misterioso principe della collina ma anche William Albert Ardlay, il patriarca della famiglia che l'aveva adottata. La sua amnesia, causata da un incidente durante un safari in Africa (perché limitarsi a incidenti domestici quando si può essere esotici?), dura abbastanza a lungo da permettere lo sviluppo di un'amicizia genuina con Candy, prima della rivelazione finale che complica ulteriormente i già intricati rapporti della protagonista.
Durante il periodo dell'amnesia, Albert vive come un uomo comune, lavorando in uno zoo e condividendo un modesto appartamento con Candy. Questi episodi rappresentano una tregua nella tempesta di tragedie, anche se gli spettatori esperti sanno che nella logica di Candy Candy, la felicità è solo l'anticamera di nuove sofferenze. La scena del recupero della memoria, innescata da un altro incidente (ovviamente), è costruita con una suspense che Hitchcock avrebbe invidiato.
La guerra come sfondo: moltiplicatore di tragedie
La decisione di Candy di diventare infermiera durante la Prima Guerra Mondiale apre le porte a un nuovo livello di sofferenza. L'anime non risparmia i dettagli: soldati morenti, amputazioni, traumi da combattimento. In questo contesto già di per sé drammatico, gli autori inseriscono ulteriori pugnalate emotive. Oltre alla già menzionata morte di Alistair, Candy deve confrontarsi con la brutalità della guerra mentre cerca di mantenere quella positività che ormai appare quasi patologica.
Un episodio particolarmente crudele vede Candy curare un soldato gravemente ferito che, nel delirio, la scambia per la sua fidanzata. Candy, con quella che potremmo definire gentilezza masochista, finge di essere la ragazza per confortarlo nei suoi ultimi momenti. La scena della morte del soldato, con Candy che gli tiene la mano mentre lui muore sorridendo, rappresenta l'apoteosi della sofferenza gratuita elevata a momento educativo.
L'impatto italiano: quando il melodramma incontrò il suo pubblico ideale
Quando Candy Candy arrivò in Italia nel 1980, trasmesso prima dalle televisioni locali e poi dalle reti Fininvest, trovò un terreno culturale particolarmente fertile. L'Italia degli anni '80, con la sua tradizione di fotoromanzi e melodrammi, era il pubblico perfetto per questa saga di sofferenze animate. Le bambine italiane si ritrovarono completamente assorbite da un mondo dove le disgrazie si susseguivano con cadenza metodica ma dove l'eroina manteneva sempre quella purezza morale che faceva tanto piacere agli educatori dell'epoca.
Il fenomeno si manifestò attraverso il merchandising che invase il paese: album di figurine Panini, bambole, quaderni e diari segreti divennero oggetti del desiderio. Il doppiaggio italiano, con quella particolare enfasi drammatica tipica dell'epoca, contribuì a rendere ogni episodio ancora più struggente. Le discussioni nei cortili delle scuole si polarizzarono tra sostenitori di Anthony e fan di Terry, creando schieramenti che anticipavano di decenni i moderni fandom.
La genialità perversa di Candy Candy sta nell'aver normalizzato il trauma come parte integrante della crescita. Le scale diventano simboli di pericolo costante: dall'abbandono iniziale alle numerose cadute drammatiche, fino alla scena madre di Susanna che perde la gamba salvando Terry. Ogni elemento scenografico può trasformarsi in strumento di tragedia: cavalli assassini, aerei mortali, riflettori omicidi.
Dal punto di vista tecnico, l'animazione presenta quello stile distintivo degli anni '70, con occhi enormi perfettamente calibrati per la produzione industriale di lacrime. La colonna sonora accompagna ogni tragedia con violini che sembrano piangere insieme ai personaggi, mentre i rari momenti di gioia sono sottolineati da melodie che suonano già nostalgiche, presagendo la prossima catastrofe.
In retrospettiva, Candy Candy rappresenta un fenomeno unico: un'opera che ha trasformato ogni possibile forma di sofferenza umana - morte, alcolismo, amnesia, guerra, mutilazioni, suicidio - in materiale educativo per bambini. Ha insegnato che la vita è una successione di tragedie intervallate da brevi illusioni di felicità, che l'amore vero richiede necessariamente sacrificio e dolore, e che le scale sono dispositivi di morte da evitare accuratamente.
Questo monumento al masochismo infantile continua a influenzare la concezione del dramma nell'animazione, dimostrando che non esiste limite matematico al numero di disgrazie condensabili in 115 episodi, purché siano presentate con sufficienti primi piani di occhi lacrimanti e petali drammaticamente trasportati dal vento del destino avverso.
Sasha Bazzov