Di cosa sono fatti gli incubi

Una riflessione biofilosofica

Gli incubi: una componente universale dell'esperienza umana, un fenomeno che abita la frontiera tra il corpo e la mente, tra la chimica del cervello e i territori inesplorati dell'inconscio. Essi non sono semplicemente brutti sogni, ma esperienze che scuotono i fondamenti della nostra percezione, che mettono in discussione la nostra sicurezza e ci costringono a confrontarci con ciò che temiamo di più. Ma da dove nascono gli incubi? Sono il prodotto di un cervello difettoso o una finestra su verità più profonde? Muovendoci tra biochimica e filosofia, cercheremo di svelare la natura di questi inquietanti fenomeni.

La biochimica della paura notturna

A livello fisiologico, gli incubi sono strettamente legati al funzionamento del nostro sistema nervoso e, in particolare, al ciclo del sonno. La scienza ci insegna che essi si manifestano prevalentemente durante la fase REM (Rapid Eye Movement), il momento in cui il cervello è altamente attivo e i sogni raggiungono la loro massima intensità. In questa fase, la corteccia prefrontale, responsabile del pensiero razionale e del controllo emotivo, è parzialmente disattivata, mentre l'amigdala, il centro delle emozioni e della paura, è iperattiva.

Questo squilibrio neurobiologico crea le condizioni perfette per la comparsa degli incubi: immagini vivide, emozioni intense e una ridotta capacità di distinguere tra realtà e immaginazione. Una ricerca di Noreika et al. (2010) ha mostrato che durante gli incubi l'attività dell'amigdala e dell'ippocampo è significativamente aumentata, suggerendo che il cervello stia elaborando memorie emotivamente cariche, spesso legate a traumi o ansie irrisolte.

Ma cosa innesca queste risposte? Molecole come il cortisolo, l'ormone dello stress, giocano un ruolo cruciale. Livelli elevati di cortisolo, spesso associati a situazioni di stress cronico, possono alterare il ciclo del sonno e aumentare la probabilità di incubi. Tuttavia, questa spiegazione biochimica, per quanto affascinante, non è sufficiente. Gli incubi non sono solo una reazione chimica: essi hanno un contenuto, una narrativa, un significato.

Gli incubi come specchio dell'inconscio

Se ci spostiamo sul piano filosofico, troviamo una visione che amplia il nostro sguardo sugli incubi, vedendoli come una manifestazione dell'inconscio. Sigmund Freud, nel suo celebre L'interpretazione dei sogni, descriveva i sogni, inclusi gli incubi, come il "sentiero regale" verso l'inconscio. Per Freud, essi rappresentano il ritorno del rimosso: desideri, paure e conflitti che la mente cosciente reprime durante la veglia ma che trovano espressione durante il sonno.

Carl Gustav Jung, invece, vedeva negli incubi un messaggio dell'inconscio collettivo, una sorta di chiamata all'azione. Per Jung, l'incubo non è un nemico, ma un alleato che ci invita a confrontarci con le "ombre" della nostra psiche, quelle parti di noi stessi che preferiremmo ignorare. "Ciò a cui resistiamo, persiste" scriveva Jung, suggerendo che gli incubi sono un'opportunità per affrontare le nostre paure più profonde e, attraverso di esse, crescere.

Questa prospettiva filosofica ci conduce a una domanda fondamentale: gli incubi sono semplicemente un sottoprodotto della biologia umana o hanno un significato più profondo, una funzione evolutiva?

La funzione evolutiva degli incubi

Dal punto di vista evolutivo, gli incubi potrebbero essere visti come un meccanismo di sopravvivenza, una simulazione mentale che prepara l'individuo a situazioni di pericolo. Nel 2005, il neuroscienziato Antti Revonsuo propose la Threat Simulation Theory, secondo cui i sogni minacciosi hanno avuto un ruolo adattativo durante l'evoluzione umana, permettendo agli individui di "praticare" risposte a situazioni di pericolo in un ambiente sicuro.

Immaginate un uomo preistorico che sogna di essere inseguito da un predatore: questo incubo non è solo una proiezione della sua paura, ma un allenamento mentale che lo prepara a reagire più rapidamente e efficacemente nel caso in cui incontri davvero un predatore. Anche oggi, in un mondo apparentemente più sicuro, gli incubi potrebbero svolgere una funzione simile, aiutandoci a elaborare situazioni stressanti e a prepararci ad affrontare le sfide della vita quotidiana.

Ma questa spiegazione evolutiva, per quanto convincente, non esaurisce la complessità degli incubi. Essi non sono solo simulatori di minacce: sono anche esperienze esistenziali che ci costringono a confrontarci con il mistero e la fragilità della nostra esistenza. 

La filosofia dell'incubo: una finestra sull'abisso

A livello filosofico-esistenziale, gli incubi possono essere visti come un confronto diretto con l'assurdo, con ciò che il filosofo Søren Kierkegaard chiamava "angoscia." L'incubo, come l'angoscia, ci mette di fronte alla nostra vulnerabilità, alla mancanza di controllo che abbiamo sul mondo e su noi stessi. È un'esperienza che destabilizza, che mette in discussione le nostre certezze e ci costringe a fare i conti con l'ignoto.

Il filosofo francese Gaston Bachelard, nel suo studio sull'immaginazione, descriveva gli incubi come una forma di "poetica della paura," un linguaggio simbolico attraverso il quale il nostro inconscio comunica le sue verità più profonde. Per Bachelard, l'incubo non è solo un'esperienza di terrore, ma un'opportunità per esplorare le profondità della nostra psiche e scoprire nuovi significati.

Gli incubi come trasformazione

In ultima analisi, gli incubi sono un fenomeno complesso che attraversa i confini tra biologia e filosofia, tra corpo e mente, tra scienza e significato. Essi non sono semplicemente un disturbo del sonno, ma una parte integrante della nostra esperienza umana, un processo che ci sfida, ci destabilizza e, in qualche modo, ci trasforma.

Come scriveva Rainer Maria Rilke: "Forse tutti i draghi della nostra vita sono principesse che aspettano solo di vederci agire, solo una volta, con bellezza e coraggio." Gli incubi, come draghi notturni, ci invitano a confrontarci con le nostre paure, a trasformare il terrore in comprensione, il caos in crescita.


Prof. Marcus Theurel - Dipartimento di Filosofia Bioorganica - Università di Vienna


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