La Città delle Donne (1980, Federico Fellini)

Data di uscita: 28 marzo 1980 (Italia)

Regista: Federico Fellini

Lingue: Inglese, Francese, Italiano

Scritto da: Federico Fellini, Bernardino Zapponi, Brunello Rondi

Anno: 1980

Distribuzione in italiano: Gaumont

Con Ettore Manni, Marcello Mastroianni, Anna Prucnal, Bernice Stegers, Donatella Damiani 


Descrizione

In un treno che taglia il sogno come un bisturi la carne, Snaporaz scivola in un vortice di femminilità dove ogni porta spalanca abissi di estrogeni. Il suo viaggio inizia in un hotel-utero che partorisce visioni febbrili, mentre la realtà si dissolve come zucchero in acqua bollente.

L'edificio si contorce in geometrie impossibili, dove corridoi sinuosi conducono a stanze abitate da femministe che danzano una tarantella di rivendicazioni. Amazzoni titaniche si ergono come monumenti viventi, mentre domatatrici dal sorriso sfingeo tessono trame di seduzione e minaccia. Mastroianni, naufrago in questo mare di cromosomi XX, vaga come un Ulisse smarrito tra sirene post-moderne.

Le risate femminili lo inseguono come erinni sonore nei meandri di questo labirinto della psiche, dove ogni tentativo di fuga lo sprofonda più a fondo nell'inconscio collettivo. Fellini orchestra il caos con la precisione di un demiurgo, trasformando le ansie dell'era femminista in un carnevale dell'anima.

Nel finale, la mongolfiera si staglia contro un cielo gravido di simboli, ultima zattera per un maschio in fuga da questo universo dove il maschile ha smarrito le sue coordinate ancestrali.

Giudizio critico

La Città delle Donne rappresenta l'apoteosi del surrealismo felliniano maturo. Girato negli studi di Cinecittà con un budget faraonico, il film ricrea un mondo onirico dove specchi e prospettive impossibili si fondono in un caleidoscopio di significati. L'opera trascende il dibattito femminista degli anni '70 per diventare una profetica esplorazione della dissoluzione delle certezze di genere. La performance di Mastroianni tocca vette di vulnerabilità inedite, mentre la regia trasforma ogni inquadratura in un affresco visionario sulla metamorfosi dei ruoli sessuali nell'era moderna. Un'opera che ancora oggi ci interroga sulla natura fluida dell'identità.

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