Pillola blu: ma la democrazia è mai esistita davvero?
PILLOLA BLU
Oggi: democrazia. Quella cosa che tutti dicono di difendere, spesso senza nemmeno leggere il bugiardino.
1. Una parola che promette troppo
Partiamo dagli “inventori”, i greci.
Democrazia viene da dêmos (δῆμος) + krátos (κράτος): popolo + potere. Letteralmente: potere al popolo. Una bomba semantica, soprattutto se la confrontiamo con gli altri -cràzie:
- Monarchia – da mónos (uno, solo) + arché (comando): il potere a uno solo.
- Oligarchia – da olígoi (pochi) + arché: il potere di pochi.
- Aristocrazia – da áristos (migliore) + krátos: il potere dei “migliori” (secondo loro, ovviamente).
Capisci perché “democrazia” suona così bene? Non promette l’ordine, non promette l’eccellenza: promette te stesso al potere. È uno slogan migliore di qualunque campagna elettorale.
Per l’etimologia più “seria”:
- https://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia
- https://it.wikipedia.org/wiki/Monarchia
- https://it.wikipedia.org/wiki/Aristocrazia
- https://it.wikipedia.org/wiki/Oligarchia
C’è però un piccolo dettaglio: chi è, esattamente, questo “popolo”?
2. Atene, o del club esclusivo chiamato “popolo”
La democrazia ateniese è il nostro grande mito fondativo. Per molti storici è la prima forma di governo propriamente “democratica”: assemblea dei cittadini, sorteggio delle cariche, partecipazione diretta nell’ekklesìa.
Poi guardi i numeri e scopri che:
- popolazione attica nel V secolo a.C.: circa 250–300 mila persone;
- “cittadini” con pieni diritti politici: all’incirca 30–60 mila uomini adulti, liberi e ateniesi da entrambi i genitori.
Tutti gli altri? Fuori.
Chi era escluso:
- gli schiavi – molti, moltissimi;
- gli stranieri residenti (i meteci);
- le donne;
- e poi i famosi “barbari”.
Chi erano i barbari?
Per i greci, bárbaros non era inizialmente “l’uomo con la clava che grugnisce”, ma lo straniero che non parla greco: letteralmente il “balbuziente”, quello che fa bar-bar invece di articolare il nobile attico. Solo dopo il termine prende una connotazione fortemente negativa: rozzo, incivile, potenzialmente pericoloso.
Approfondimenti:
Morale: anche nel luogo dove la parola democrazia nasce, il “popolo” è in realtà un club ristretto di maschi, armati e proprietari. Gli altri lavorano, partoriscono, combattono… ma decidono no.
È davvero “potere al popolo”, o “potere a una minoranza abbastanza ampia da chiamarla popolo senza ridere”?
3. Dal mito rivoluzionario al potere “a rate”
Facciamo fast‑forward.
- Repubblica romana: sistema misto, con assemblee popolari, ma il peso reale ce l’hanno patrizi e grandi proprietari.
- Medioevo europeo: aristocrazie, monarchie, città‑stato; la “partecipazione” riguarda corporazioni e ceti, non certo il popolo indistinto.
- Rivoluzioni americana e francese: si urla “libertà, uguaglianza, diritti dell’uomo”, ma a votare sono, ancora, per lungo tempo, soprattutto uomini, proprietari, spesso bianchi, spesso benestanti.
Il suffragio universale – quello vero, compreso il voto alle donne – è un’invenzione del XX secolo, non dell’antichità. In Italia, le donne votano per la prima volta nel 1946; in Svizzera addirittura solo nel 1971 a livello federale, e in alcuni cantoni ancora più tardi. Il “potere al popolo” arriva, insomma, a rate.
La pagina generale sulla democrazia ripercorre bene questa storia, dall’Atene classica al suffragio universale moderno:
https://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia
Lo stesso Rousseau, nel Contratto sociale, era già feroce: sosteneva che la sovranità del popolo non può davvero essere rappresentata. E sul popolo inglese era spietato: pensa di essere libero, scrive, ma lo è solo il giorno delle elezioni; il resto del tempo è di nuovo schiavo. (Il contratto sociale)
Detto brutalmente: la democrazia rappresentativa nasce già accompagnata da un sospetto filosofico di fondo. E non da un estremista: da uno dei padri del pensiero politico moderno.
4. La nostra democrazia: rappresentativa, condizionata, mercatocentrica
Arriviamo a noi. Sulla carta, oggi viviamo in democrazie liberali rappresentative:
- eleggiamo periodicamente rappresentanti;
- abbiamo (in teoria) pluralismo di partiti;
- stati di diritto, costituzioni, diritti fondamentali.
È democrazia? Sì, nel senso minimo: il potere politico passa formalmente per il voto. Ma il “potere effettivo” a chi risponde davvero?
Il convitato di pietra: “i mercati”
Nel linguaggio politico contemporaneo, il soggetto più potente è spesso un’entità metafisica: “i mercati”. Non li abbiamo eletti, non hanno domicilio, non pagano IVA al supermercato. Eppure:
- giudicano gli stati tramite rating;
- alzano o abbassano gli interessi sui titoli di debito;
- puniscono governi “indisciplinati” con lo spread.
Prendiamo la crisi economica della Grecia: a partire dal 2009 vengono alla luce dati di bilancio falsificati, il debito esplode, le agenzie di rating declassano il paese a junk, l’Unione Europea e il FMI intervengono con maxi‑prestiti condizionati a piani di austerità drastici (tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, ecc.).
In pratica: per “salvare la democrazia” greca dall’insolvenza, si commissaria la sua politica economica. Quando nel 2015 il governo Syriza prova a opporsi con un referendum (“OXI”), il margine di manovra si rivela minimo: il costo di sfidare i creditori è talmente alto che il voto popolare viene, di fatto, sterilizzato.
Per uno sguardo più approfondito e critico:
- https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_economica_della_Grecia
- https://it.wikipedia.org/wiki/Debito_pubblico (sezione sulla crisi dei debiti sovrani)
- https://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_per_la_verit%C3%A0_sul_debito_pubblico
La Commissione per la verità sul debito pubblico greco ha concluso, nel 2015, che una parte consistente del debito era “illegittimo e odioso” e che i piani di salvataggio servivano soprattutto a salvare banche e grandi creditori, scaricando il costo sulla popolazione.
Insomma: non è che “il popolo decide”; è che il popolo è chiamato a ratificare decisioni prese per salvare il sistema finanziario.
E in Italia? Nel 2011 lo spread sui titoli di stato schizza in alto, scoppia la crisi del debito sovrano, il governo Berlusconi cade e arriva il governo Monti, esplicitamente definito “tecnico” e di emergenza, incaricato di evitare l’insolvenza e rassicurare i mercati con misure di austerità.
Riferimenti:
Qui la domanda è quasi ovvia: chi ha davvero “nominato” quel governo? Il popolo alle urne, o la combinazione tra spread, BCE e agenzie di rating?
Se democrazia è “potere al popolo”, quello che spesso vediamo è più un potere al mercato con consultazione popolare periodica.
5. Corruzione: non solo mazzette, ma architettura del potere
Quando parliamo di “corruzione” nella democrazia rappresentativa pensiamo subito alla valigetta di soldi, al politico beccato con l’appalto truccato. Ma c’è una forma più sottile e strutturale: quella in cui chi ha più soldi ha anche più voce politica, attraverso:
- lobbying permanente;
- finanziamento delle campagne elettorali;
- porte girevoli tra governi, banche, grandi società.
La voce delle scienze politiche e della sociologia qui è piuttosto chiara: il rischio è che la democrazia formale si trasformi in oligarchia di fatto, in cui un piccolo gruppo (economico prima che politico) condiziona l’agenda pubblica. La voce Oligarchia su Wikipedia discute proprio questo passaggio: dall’oligarchia classica (governo dei pochi ricchi in senso stretto) alle oligarchie economiche contemporanee, con esempi che vanno dagli oligarchi russi alle élite finanziarie statunitensi.
Per saperne di più:
https://it.wikipedia.org/wiki/Oligarchia
Da qui in poi, la linea che separa “democrazia” da “plutocrazia con buone maniere” diventa molto sottile.
6. Democrazia di cristallo: basta una legge (o un’emergenza)
Un altro mito da smontare è quello della irreversibilità dei diritti in democrazia: una volta conquistati, sembrano eterni. Sulla carta, sì; nella pratica, bastano:
- una forte paura collettiva (terrorismo, pandemia, crisi economica);
- un discorso martellante sulla “sicurezza”;
- e una maggioranza parlamentare allineata.
L’esempio classico è lo USA PATRIOT Act del 2001: una legge statunitense approvata dopo l’11 settembre per “rafforzare gli strumenti contro il terrorismo”. Il risultato concreto? Ampliamento massiccio dei poteri di sorveglianza di FBI, NSA e compagnia, accesso ai dati personali, possibilità di intercettazioni ed ispezioni con minori garanzie giudiziarie, forte compressione della privacy.
Approfondimento:
https://it.wikipedia.org/wiki/USA_PATRIOT_Act
Il tutto votato a larghissima maggioranza, nel pieno consenso dell’opinione pubblica terrorizzata. Formalmente: democrazia in azione (Parlamento sovrano, Presidente legittimo). Sostanzialmente: riduzione delle libertà civili in nome della sicurezza.
Analogamente, durante la cosiddetta Primavera araba (dal 2010 in poi) milioni di persone sono scese in piazza invocando democrazia contro regimi autoritari. In molti casi le vecchie dittature sono crollate, ma sono arrivati:
- nuove élite autoritarie;
- o guerre civili;
- o “democrazie” fragilissime, subito condizionate da esercito, potenze straniere, interessi economici.
Moralino amaro: le istituzioni democratiche non sono un vaccino permanente; sono piuttosto un equilibrio instabile che può inclinarsi molto in fretta, se la paura o l’interesse economico prendono il sopravvento.
7. Allora la democrazia non è mai esistita?
Dipende da cosa intendiamo per democrazia.
Se per democrazia intendiamo:
tutti coloro che sono soggetti alle decisioni politiche partecipano in modo libero, eguale e informato a prenderle; e nessun potere esterno (mercato, esercito, potenze straniere) si pone strutturalmente “sopra” la sovranità popolare
…allora no, una democrazia piena così, nella storia, non l’abbiamo mai vista. Abbiamo visto:
-
Atene: democrazia diretta per una minoranza di maschi liberi, sostenuta da schiavitù e esclusione delle donne;
https://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia_ateniese - Repubbliche moderne: forme via via più inclusive, ma sempre intrecciate a proprietà, imperi coloniali, interessi economici;
- stati contemporanei: democrazie rappresentative in cui il voto conta, sì, ma entro margini definiti da vincoli macro‑economici e da poteri che nessuno ha mai votato.
Se invece per democrazia intendiamo qualcosa di più modesto:
un sistema in cui almeno periodicamente possiamo cambiare i governanti senza spargimenti di sangue, e possiamo ancora scrivere articoli come questo senza finire in galera
…allora sì, la democrazia esiste, ma come condizione parziale, imperfetta e sempre sotto ricatto.
Ricatto di chi?
- del mercato che decide se i tuoi titoli di stato sono affidabili;
- delle élite economiche che finanziano e premiano i “politici giusti” (vedi oligarchia);
- delle emergenze permanenti che giustificano leggi speciali, deroghe, sorveglianza.
8. Pillola blu (ma un po’ rossa ai bordi)
La risposta onesta alla domanda “ma la democrazia è mai esistita davvero?” è:
La democrazia è esistita – ed esiste – solo come tensione, approssimazione, campo di lotta.
Non come paradiso compiuto, ma come compromesso sempre instabile tra il potere del popolo e il potere del denaro.
La vera pillola blu sarebbe continuare a ripeterci che “viviamo in una democrazia, punto”, come se bastasse mettere la croce su una scheda ogni cinque anni per essere sovrani.
Qui ti propongo una pillola blu un po’ adulterata: mantiene un minimo effetto calmante, ma ha al suo interno una traccia di disincanto. Di quelle che ti costringono a fare domande scomode, tipo:
- chi non vota, oggi, pur essendo toccato dalle decisioni? (migranti, futuri nati, lavoratori dispersi nelle filiere globali…)
- chi è davvero “barbaro” nel nostro sistema? Quello senza documenti… o il fondo speculativo che affama un paese per un punto di rendimento in più?
- quando un governo dice “ce lo chiede l’Europa / i mercati / il rating”, dov’è finita la famosa volontà popolare?
Se la democrazia deve esistere davvero, forse comincia nel momento in cui smettiamo di usare la parola come uno slogan intoccabile e iniziamo a guardare senza veli – e senza troppa pietà – i rapporti di forza che l’hanno sempre condizionata.
Tutto il resto è storytelling istituzionale. Che è anche affascinante, per carità. Ma non è detto che dobbiamo berlo senza leggere le note a piè di pagina.
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