Scream Queens

Regine dell'Urlo - Viaggio nel Cinema Horror

Nel buio della sala, quando la tensione sale e il silenzio si spezza in un urlo acuto e disperato, sappiamo di essere entrati nel regno delle scream queens.
Donne che non solo gridano — lo fanno da protagoniste, da eroine, da simboli di resistenza. Alcune corrono. Altre combattono. Alcune soccombono. Ma tutte, in quel momento, sono il centro esatto dell'orrore. 

All'inizio fu il silenzio. Il terrore si esprimeva con occhi spalancati e mani tremanti. Ma con l'arrivo del sonoro, l'urlo trovò la sua voce.
Nel 1933, Fay Wray viene sollevata da King Kong in cima all'Empire State Building e lancia un grido che diventa leggenda. È quasi più potente del pugno del gorilla. È la prima vera scream queen.
Accanto a lei, negli anni successivi, ci sono attrici come Anne Gwynne — considerata una delle più prolifiche del cinema horror anni '40 — e Tippi Hedren, che affronta stormi impazziti ne Gli uccelli di Hitchcock (1963).
Tippi, peraltro, durante le riprese fu attaccata da veri volatili: il sangue in alcune scene… è autentico.

Negli anni Sessanta, Alfred Hitchcock fa entrare Janet Leigh sotto una doccia, in un motel isolato. In pochi secondi, Psycho riscrive la grammatica della paura. Il sangue è suggerito, ma il terrore è reale. E l'urlo di lei, trafitto da violini striduli, entra nella storia.
Un altro volto indimenticabile di quegli anni è Veronica Cartwright, che comincia con The Birds e diventerà ancora più iconica nei decenni successivi, tra Alien e Invasion of the Body Snatchers.
E poi c'è Barbara Steele, regina dell'horror gotico europeo. Con il suo volto magnetico e le sue espressioni tormentate, attraversa film come La maschera del demonio (1960) di Mario Bava, diventando il simbolo oscuro e affascinante di un'intera epoca. I suoi occhi — spesso inquadrati in primo piano — sono stati definiti "i più inquietanti del cinema italiano".

Poi arrivano gli anni Settanta. E l'orrore si sporca. Niente più eleganza, niente più ombre discrete. Il dolore è fisico, il terrore è tangibile.
Marilyn Burns, in Non aprite quella porta (1974), corre nel caldo soffocante del Texas inseguita da una motosega ruggente. Non è solo una vittima: è un corpo martoriato, un volto sconvolto, un'icona di sopravvivenza.
Nel 1978, Jamie Lee Curtis affronta Michael Myers in Halloween e l'urlo si fa strategia. Non è più solo panico: è istinto. È lotta. È intelligenza. È la nascita della "final girl". E sì, è figlia di Janet Leigh. A volte, l'orrore si eredita.
In quegli stessi anni, brillano anche Olivia Hussey, perfetta in Black Christmas (1974), e Dee Wallace, che da Le Colline hanno gli Occhi a Cujo si specializza in ruoli materni messi alla prova da incubi a quattro zampe, alieni e famiglie mutanti.

Negli anni Ottanta, il grido esplode. È il decennio dello slasher, delle VHS, dei coltelli affilati e dei maglioni a righe.
Freddy Krueger entra nei sogni e li trasforma in incubi. Heather Langenkamp, nei panni di Nancy in Nightmare on Elm Street, non si limita a scappare: studia il suo nemico, lo affronta, lo intrappola. Le scream queens non vogliono più solo sopravvivere. Vogliono vincere.
Linnea Quigley, invece, diventa la regina dei B-movie. In Return of the Living Dead e Night of the Demons, le sue urla sono autentiche, il sangue finto, l'energia pura.
In quell'epoca, anche Linda Blair — già celebre per L'Esorcista — si reinventa in horror più trasgressivi come Hell Night, mentre Adrienne King, protagonista del primo Venerdì 13, incarna la ragazza che passa da preda a predatrice.
E in Italia, mentre l'America produce mostri mascherati, Dario Argento costruisce un immaginario gotico e barocco. Al suo fianco c'è Daria Nicolodi, attrice e sceneggiatrice. In Profondo Rosso, Inferno, Phenomena, le sue apparizioni sono ipnotiche, disturbanti, visionarie.

Negli anni Novanta, l'horror si guarda allo specchio. Diventa consapevole.
Scream non è solo un film: è una lezione di cinema. Neve Campbell, nei panni di Sidney Prescott, è un personaggio che conosce le regole del genere, ma non ci si lascia intrappolare. È vulnerabile, certo, ma anche lucida, ironica, resistente.
Mentre So cosa hai fatto conquista i botteghini, Jennifer Love Hewitt urla nel buio con tutta la forza di una generazione cresciuta a suon di pop e paura.
Sarah Michelle Gellar, tra Buffy e The Grudge, si muove tra piccolo e grande schermo, diventando un'icona perfetta per gli anni Novanta.
In quegli anni, un'altra figura chiave è Sheryl Lee, che in Twin Peaks e nel film Fire Walk With Me trasforma il trauma in presenza ultraterrena: Laura Palmer è un fantasma che urla anche da morta.

Con l'arrivo degli anni Duemila, l'orrore si fa più viscerale.
The Descent, nel 2005, è un'esperienza claustrofobica. Shauna Macdonald si cala — letteralmente — nell'abisso. Rocce, buio, creature sconosciute. Il suo urlo è quello di chi non ha più via d'uscita. È animale, primordiale.
Intanto, lontano da Hollywood, anche Bollywood scopre il brivido. Bipasha Basu, con film come Raaz e Aatma, diventa la regina dell'urlo indiano.
In America, Danielle Harris — che era una bambina nei Halloween degli anni '80 — torna adulta e feroce nei sequel più recenti, guadagnandosi il titolo di "regina dell'horror indipendente".
Curiosità: in una convention, ha raccontato di essere stata inseguita per davvero da un fan vestito da Michael Myers… in un parcheggio deserto.

Negli ultimi anni, è cambiato tutto. O quasi.
Le nuove regine non sono più solo belle e spaventate: sono complesse, ambigue, spesso più inquietanti dei mostri che affrontano.
Maika Monroe, in It Follows, è inseguita da una presenza che cammina lentamente, sempre, senza fermarsi mai. Non urla molto. Ma quando lo fa, è come se l'intero film respirasse con lei. Con Longlegs, il suo status si solidifica: è la scream queen del nostro tempo.
Mia Goth, nei film di Ti West e in Pearl, alterna innocenza e follia con una naturalezza spiazzante. I suoi personaggi ridono, piangono, massacrano. E il suo urlo — a volte dolore, a volte liberazione — è impossibile da dimenticare.
Jenna Ortega, tra Scream, X e Wednesday, è il volto gotico della Gen Z. Occhi profondi, voce tagliente, presenza scenica da manuale.
E poi c'è anche Melissa Barrera, che dopo Scream e Abigail si è guadagnata un pubblico appassionato.
Sophie Thatcher, infine, esplosa con Yellowjackets, dimostra di saper maneggiare l'oscurità anche in The Boogeyman e Heretic. Le nuove regine sono qui. E fanno sul serio.

E l'Italia? Se Daria Nicolodi è stata la pioniera, Catriona MacColl — pur britannica — è diventata il volto internazionale dell'horror italiano.
Con Lucio Fulci gira tre film diventati culto: Paura nella città dei morti viventi, L'aldilà, Quella villa accanto al cimitero. Il suo urlo, nel silenzio ovattato di certi incubi anni '80, è ancora oggi materia per notti insonni.
A proposito: durante le riprese di L'aldilà, la produzione le chiese di urlare… per quasi venti minuti consecutivi. Fu l'unico momento in cui pensò di mollare tutto.

Da King Kong a Freddy Krueger, da motel isolati a caverne senza uscita, da Laurie Strode a Mia Goth, le scream queens hanno attraversato la storia del cinema come presenze costanti, instancabili, indimenticabili.
Hanno pianto, combattuto, urlato.
E ci hanno insegnato che l'urlo non è solo paura. È resistenza. È rabbia. È arte.

Sasha Bazzov


Informativa privacy Cookie Policy

link a facebook link a instagram link a youtube