Superman di James Gunn - Recensione

  • Data di uscita Italia: 9 luglio 2025
  • Regia: James Gunn
  • Sceneggiatura: James Gunn
  • Produzione: DC Studios, Warner Bros. Pictures
  • Distribuzione (Italia e internazionale): Warner Bros. Pictures
  • Durata: 129 minuti
  • Genere: Azione, supereroi, fantascienza, drammatico
  • Basato sui personaggi di: Jerry Siegel & Joe Shuster (DC Comics)
  • Universo narrativo: Capitolo 1 – Gods and Monsters (DC Universe)

Cast principale: David Corenswet, Rachel Brosnahan, Nicholas Hoult, Edi Gathegi, Isabela Merced, Nathan Fillion, Anthony Carrigan, María Gabriela de Faría

Superman è tornato. E questa volta è diverso. Più umano, più fragile, più vicino a noi. Con la regia di James Gunn, il supereroe per eccellenza si scrolla di dosso l'aura marmorea delle recenti incarnazioni cinematografiche e recupera una dimensione emotiva che sembrava perduta. Il nuovo Superman non è un reboot, ma una rilettura consapevole, affettuosa, persino rischiosa — e per questo apprezzabile — del personaggio creato da Siegel e Shuster.

David Corenswet, semi-sconosciuto fino a ieri, si rivela un Clark Kent credibile, intenso, capace di gestire con naturalezza sia la timidezza goffa del giornalista del Daily Planet sia la maestà etica dell'alieno venuto da Krypton. Il suo Superman è un eroe che cade, che fatica a farsi capire, che soffre per il fraintendimento continuo da parte del mondo che vuole proteggere. Ma è proprio questa vulnerabilità a renderlo potente. Gunn non lo mostra come un dio, ma come un uomo che ha scelto di credere nell'umanità, anche quando tutto attorno a lui sembra suggerire il contrario.

Il film è pervaso dal tono distintivo del suo regista: ironico ma sincero, spettacolare ma intimo, pop ma pieno di sottotesti. C'è l'amore per i personaggi ai margini, per i comprimari che sorprendono, per gli animali che diventano simboli di purezza emotiva. Il super-cane Krypto, ad esempio, non è solo una trovata comica: è un catalizzatore narrativo che dona leggerezza e tenerezza a scene cariche di pathos.

Nicholas Hoult, nei panni di Lex Luthor, è una delle scelte più azzeccate. Il suo villain è freddo, sadico, privo di empatia. E proprio per questo affascinante. È un miliardario che usa la tecnologia, i social, le fake news come armi per seminare odio, confusione, controllo. Non c'è bisogno di flashback o traumi a giustificare la sua malvagità: Luthor è così, e basta. Un antagonista che incarna il nostro tempo, senza bisogno di allegorie forzate.

Rachel Brosnahan offre una Lois Lane più concreta, meno idealizzata, con una scrittura finalmente all'altezza del suo mestiere. È una giornalista sveglia, pragmatica, capace di tenere testa a Clark e al mondo che la circonda, con un'ottima alchimia con Corenswet. La loro relazione è ancora agli inizi, ma già piena di sfumature.

Gunn sceglie di saltare le origini, consapevole che il pubblico conosce già benissimo la storia di Superman. Non ci sono meteore, né culle spaziali. Il mondo in cui ci troviamo è già abitato da metaumani, tecnologie futuristiche, crisi globali. È un contesto maturo, dove la presenza del supereroe è data per assodata. Eppure, non manca un arco evolutivo forte, centrato su un dilemma morale: Superman può ancora essere un simbolo in un mondo così disilluso?

Il film non ha paura di esporsi. Quando Gunn descrive Superman come "un immigrato che viene da lontano", la polemica è immediata. Ma è una lettura che ha radici profonde nei fumetti, e che qui acquista nuova forza politica. Il film non è neutro, non è accomodante. Parla del nostro tempo, delle sue ombre, dei suoi rancori — e lo fa senza rinunciare allo spettacolo.

Non mancano i momenti meno riusciti. Alcune sequenze appaiono dilatate, certi passaggi narrativi si perdono in deviazioni non sempre necessarie. Ma nel complesso, Superman è un film che respira, che ha un'anima. E oggi, tra cinecomic che sembrano girare a vuoto, è raro trovarne uno che abbia qualcosa da dire.

Per chi ha amato il Superman idealista di Donner, questo film sarà un ritorno a casa. Per chi ha preferito il tono cupo e mitologico di Snyder, potrà sembrare un passo indietro. Ma è una questione di sguardo. Gunn non vuole mitizzare: vuole raccontare. E lo fa con passione, con intelligenza, con quel tocco personale che rende il suo cinema riconoscibile, anche nei limiti.

Superman è un blockbuster che crede ancora nel potere delle storie. E per questo merita di essere visto, discusso, ricordato.

Sasha Bazzov


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